martedì 10 novembre 2009

L'epidemia perfetta.


In questi ultimi anni vanno sempre piu' di moda i film catastrofisti: ricordate la tempesta perfetta, Meteor (1979), Deep Impact (1998), Armageddon ( 1998), The day after tomorrow (2004), eccetera ? Immaginate di applicare la stessa logica alla medicina, cosa immaginereste se foste lo sceneggiatore ? Una epidemia catastrofica mettendo assieme le peggiori paure degli scienziati ed ecco che nasce lo scenario che i giornali ci presentano in questi giorni. Che un asteroide colpisca la terra e la disintegri non e' poi cosi' difficile ma nessuno di noi passa le notti insonne osservando il cielo e pregando che non succeda, lo stesso vale per l'epidemia perfetta, potrebbe accadere se si verificassero alcune evenienze ma chi ci dice che avverra' ? Vediamo, facendoci aiutare dalla storia, cosa ha ispirato gli scienziati e poi i giornalisti. A tutti noi non puo' non venire in mente un flagello che i nostri nonni ci raccontavano con terrore, un nome tanto sinistro quanto lo e' nel nostro immaginario collettivo la "peste nera" del '600: l'epidemia di "spagnola".
Il 17 settembre 1918 in un campo di addestramento vicino Boston un soldato marco' visita accusando febbre molto alta. Sulle prime i medici pensarono ad una meningite ma, nel giro di una settimana, il 23 settembre i casi registrati nei 45.ooo soldati del campo
erano 12.604 ed alla fine dell'epidemia i morti furono quasi 800 !. Molti morirono meno di 48 ore dopo la comparsa dei sintomi soffrendo orribilmente prima di morire per soffocamento. Questa insolita serie di sintomi non corrispondeva ad alcuna malattia conosciuta per cui William Herny Welch, insigne patologo dell'epoca, ipotizzo' si trattasse di un nuovo tipo di infezione o di una "peste". In realta' era soltanto un 'influenza che tuttavia tra il 1918 ed il 1919 provoco' 40 milioni di vittime scomparendo poi velocemente come era comparsa. Nel 1930 si scopri' che l'influenza e' provocata da un virus ma nessuno aveva conservato i i campioni di quell'agente patogeno per studi posteriori. Oggi grazie agli studi di JK Taubenberger, A H Reid e T G Fanning e alla previdenza dell US Army Medical Museum siamo riusciti a recuperare porzioni dell'antico virus e studiarne le cratteristiche. Dopo il 1918 i virus influenzali di tipo pandemico sono ricomparsi due volte nel 1957 e nel 1968 e ceppi influenzali che di solito infettano solo gli animali hanno periodicamente provocato la malattia anche nell'uomo come e' avvenuto per l'aviaria in Asia. Gli studi sulla spagnola non sono quindi stati determinati solo da curiosita' storica ma la comprensione di cosa rese quel virus cosi' aggressivo puo'
orientare lo sviluppo di cure e misure preventive in modo da individuare meglio le origini di futuri ceppi pandemici. La Spagnola contagio' un terzo della popolazione mondiale anche in lande isolate e remote e fu insolitamente grave con tassi di mortalita' tra il 2,5 ed il 5% (50 volte maggiori di quelli di una normale influenza).
Gli antibiotici non erano stati ancora scoperti e buona parte delle vittime mori' di infezioni batteriche sovrapposte. Una parte delle vittime mori' invece in seguito alla polmonite causata dal virus stesso che in alcuni soggetti in pochi giorni produsse gravi emorragie polmonari. La maggior parte delle vittime furono giovani tra i 15 ed i 35 anni di eta'. Molti furono i tentativi di comprendere la dinamica della pandemia ma il virus rimase nascosto per 80 anni. Nel 1951 un gruppo di scienziati si reco' in un remoto villaggio dell'Alaska (Brevig Mission) dove l'85% della popolazione era stata decimata dall'infezione ed i corpi dei deceduti erano stati sepolti nel permafrost ed i coponenti della spedizione speravano di ritrovare il virus conservato nei polmoni delle vittime. sfortunatamente tutti i tentativi di isolare il virus fallirono. Nel 1995 JK Taubenberger, A H Reid e T G Fanning iniziarono a cercare il virus nei tessuti conservati dall'istituto
di patologia dell'esercito americano che conserva 3 milioni di campioni. I tentativi fatti per isolare frammenti del virus in questi campioni dettere qualche risultato peraltro frammentario finche' nel 1997 il patologo J Hultin in pensione si offri' di tornare e Breving Mission per tentare una nuove esumazione. 46 anni dopo il suo primo tentativo Hultin ottenne alcune biopsie polmonari congelate provenienti da 4 vittime dell'influenza. In uno di questi campioni venne ritrovata l'intera sequenza RNA del virus che forni' la chiave di accesso per determinare la sua composizione. Ma cosa possono raccontarci queste sequenze sull'origine e sulla virulenza della spagnola ? Per rispondere e' necessario conoscere almeno un po' come funzionano i virus influenzali. L'influenza e' determinata da tre gruppi di virus detti A, B e C. I B e C infettano solo gli esseri umani e non hanno mai provocato pandemie. I virus A contagiano invece una gran varieta' di animali compresi pollame, suini, cavalli, esseri umani ed altri mammiferi. Gli uccelli acquatici, come le anatre, fungono da serbatoio naturale per tutti i sottotipi di influenza A: il virus infetta l'intestino dell'uccello senza causare sintomi. Questi ceppi aviari selvatici pero' nel tempo possono mutare e scambiare materiale genetico con altri ceppi influenzali producendo
nuovi virus in grado di diffondersi tra gli animali domestici. Fino a non molti anni fa i dati suggerivano che un virus aviario difficilmente sarebbe stato in grado di infettare l'uomo invece nel 1997 a Hong Kong 18 persone vennero infettate dal virus aviario H5N1 e 6 morirono. Focolai di una forma ancora piu' patogena di quel ceppo si sono diffusi nel pollame asiatico tra il 2003 e il 2004 causando 30 morti.
Basta la mutazione di un solo amminoacido per determinare una modifica della forma tridimensionale della emoagglutinina (proteina che ricopre il virus) e che consente al virus di aderire prima e penetrare poi nella cellula ospite aggancianciandosi cosi' all'uomo invece dell'oca o del maiale.
Grazie alla genetica inversa, partendo dal materiale recuperato si e' riusciti a costruire u virus con alcuni geni del virus della spagnola con i quali si sono infettati topi per comprendere quali erano i meccanismi della eccezionale capacita' di diffusione del virus e della sua cattiveria. Oltre a consentire lo studio del virus del 1918 questi studi consentono anche di indagare la reale pericolosita' dei virus H5N1 per gli esseri umani. Come abbiamo detto questo virus in Asia e' stato trasmesso dai polli all'uomo infettando 40 persone ed uccidendone 30. IL fatto inquietante e' tuttavia la constatazione che una delle vittime non e' stata infettata dai polli ma dalla figlia. Il contagio uomo/uomo potrebbe suggerire una mutazione del virus che si e' adattato a diffondersi piu' facilmente tra gli esseri umani sia per mutazione sia riconbinandosi con virus umani che normalmente circolano nella popolazione.
Questo sviluppo potrebbe aumentare le probabilita' di una pandemia umana estremamente pericolosa. Sperando di poter prevedere e quindi prevenire un simile disastro numerosi laboratori intendono testare alcune combinazioni di H5N1 con ceppi influenzali umani per valutarne la pericolosita' e la possibilita' che compaiano spontaneamente. Questi studi ci hanno consentito di stabilire che i farmaci antivirali attuali (in gran parte sviluppati per curare l'AIDS) sarebbero efficaci contro il virus del 1918 ed anche contro l'H5N1.
Gli studi sul virus del 1918 si sono pero' spinti anche alla ricerca del suo luogo d'origine: aprendo una finestra sul passato ci aiutano a capire che cosa potrebbe scatenare una nuova pandemia.
Gli studi hanno dimostrato che il virus del 1918 derivato da un ceppo aviario aveva trascorso un periodo abbastanzain un ospite intermedio dove aveva accumulato numerose mutazioni, si sospetta un passaggio nel maiale ma e' da molti contestato, la verita' e' che su questo argomento non ci sono al momento notizie certe.
IL problema e' quindi, alla luce delle conoscenze, quello di far circolare questi virus il meno possibile nella popolazione (e questo lo si fa vaccinando almeno il 50% della popolazione) per evitare che circolando possano incontrare altri virus, cambiare ospite, mutare o ricombinarsi dando origine ad una forma estremamente contagiosa e pericolosa. Il virus della morte nera quindi ancora non esiste, non dobbiamo temere la influenza A che al momento e' solo piu' contagiosa della normale ma non ancora piu' cattiva. Come la tempesta perfetta quella cattiva potrebbe svilupparsi e diffondersi ma potrebbe anche non succedere nulla di catastrofico proprio come avviene nel filone dei film che abbiamo citato.

giovedì 8 ottobre 2009

BOSSI NON HA INVENTATO NULLA DI NUOVO

Nel 1910, su Lotta di classe, l’ancora socialista Mussolini scriveva: «Roma, città parassitaria di affittacamere, di lustrascarpe, di prostitute, di preti e di burocrati, Roma - città senza proletariato degno di questo nome - non è il centro della vita politica nazionale, ma sibbene il centro e il focolare d’infezione della vita politica nazionale (…). Basta, dunque, con lo stupido pregiudizio unitario (alé ;) per cui tutto, dev’essere concentrato in Roma - in questa enorme città-vampiro che succhia il miglior sangue della nazione».

7 ottobre 1571 LA BATTAGLIA DI LEPANTO

La coalizione cristiana era stata promossa da papa Pio V per soccorrere la veneziana città di Famagosta, sull'isola di Cipro, assediata dai Turchi e strenuamente difesa dalla guarnigione locale.

La flotta della lega fece rotta verso CIpro, dopo aver riunito 50 navi veneziane, 79 galee della Spagna, con l'aiuto di 3 galee del Ducato di Savoia, 12 galee toscane noleggiate dal Papa, 28 galee genovesi e le forze maltesi degli Ospitalieri.

La flotta cristiana fu raggiunta dalla notizia della caduta di Famagosta e dell'orribile fine inflitta dai musulmani a Marcantonio Bragadin, il senatore veneziano comandante la fortezza. Il 1º agosto i veneziani si erano arresi, con l'assicurazione di poter lasciare indenni l'isola di Cipro. Ma Lala Kara Mustafa Pascià, il comandante turco che aveva perso più di 52.000 uomini nell'assedio (e, tra questi, suo figlio), non aveva mantenuto la parola e Venerdì 17 agosto Bragadin era stato scorticato vivo di fronte ad una folla di musulmani esultanti e la sua pelle, conciata e riempita di paglia, era stata innalzata come un manichino sulla galea di Mustafà Lala Pascià insieme alle teste di Astorre Baglioni, Alvise Martinengo e Gianantonio Querini.

Nonostante il maltempo le navi della Lega presero il mare verso Cefalonia, sostandovi brevemente, e giungendo, il 6 ottobre davanti al golfo di Patrasso, nella speranza di intercettare la potente flotta degli Ottomani.

Il 7 ottobre 1571, che era di Domenica, Don Giovanni d'Austria fece schierare le proprie navi in formazione serrata, deciso a dar battaglia. In totale la flotta cristiana si componeva di 6 galeazze, 206 galee, 30 navi da carico, circa 13000 marinai, circa 44000 rematori, circa 28000 soldati con 1815 cannoni, era comandata da Don Giovanni d'Austria ventiquattrenne figlio illegittimo del defunto Imperatore Carlo V e fratellastro del regnante Filippo II, il corno sinistro dello schieramento era comandato da Agostino Barbarigo, ammiraglio veneziano, il corno destro dal genovese Gianandrea Doria.

I Turchi schieravano l'ammiraglio Mehmet Shoraq (detto Scirocco) all'ala destra con 55 galee, il comandante supremo Mehmet Alì Pascià (detto il Sultano) al centro con 90 galee conduceva la flotta a bordo della sua ammiraglia Sultana, su cui sventolava il vessillo verde sul quale era stato scritto 28.900 volte a caratteri d'oro il nome di Allah. Infine l'ammiraglio, considerato il migliore comandante ottomano, Uluč Alì (Giovanni Dionigi Galeni), un apostata di origini calabresi convertito all'Islam (detto Occhialì), presiedeva all'ala sinistra con 90 galee; nelle retrovie schieravano 10 galee e 60 navi minori comandate da Amurat (Murad) Dragut (figlio dell'omonimo Dragut Viceré di Algeri e Signore di Tripoli che era stato uno dei più tristemente noti pirati barbareschi).

Don Giovanni decide di lasciare isolate in avanti, come esca, le 6 potentissime galeazze veneziane, due davanti ad ogni "corno". Le galeazze davanti allo schieramento veneziano, camuffate da navi da carico, erano al comando degli ammiragli Antonio e Ambrogio Bragadin, che bramavano di vendicarsi per la brutalissima uccisione del loro fratello a Famagosta . All'avvicinarsi degli ignari Turchi, queste scaricano cannonate con una potenza di fuoco mai vista prima sul mare. Le linee ottomane subiscono molte perdite ma Alì Pascià in preda a furore bellico decide di superare di slancio le galeazze.

Queste navi erano inabbordabili, vista la loro notevole altezza: di conseguenza Don Giovanni aveva deciso, dietro consiglio del Doria, di togliere un gran numero di spadaccini dalle galeazze e sostituirli con archibugieri, i quali crearono gravi danni alla flotta turca.
Alì, senza impegnarsi in battaglia con queste grosse navi, dopo averle superate, decide di scagliare tutta la sua flotta in uno scontro frontale, mirando unicamente all'abbordaggio della nave di Don Giovanni per provare ad ucciderlo subito demoralizzando così la flotta della Lega Cristiana, ed essendo in superiorità numerica (167-235) tenta di circondarla.

Per i cristiani gli scontri all'inizio coinvolgono pesantemente il veneziano Barbarigo, che è alla guida dell'ala sinistra e posizionato sotto costa; deve parare il colpo del comandante Scirocco, impedire che il nemico possa insinuarsi tra le sue navi e la spiaggia per accerchiare la flotta cristiana. Ferito gravemente alla testa, Barbarigo muore e le retrovie devono correre in soccorso dei veneziani per scongiurare la disfatta: ma grazie all'arrivo della riserva guidata dal Marchese di Santa Cruz le sorti si riequilibrano e così Scirocco viene catturato, ucciso e immediatamente decapitato.
Al centro degli schieramenti Alì Pascià cerca e trova la galea di Don Giovanni d'Austria, la cui cattura risolverebbe definitivamente lo scontro. Con un rumore assordante i Turchi iniziano l'assalto alle navi di Don Giovanni suonando timpani, tamburi, flauti. Il vento è a loro favore. La flotta di Don Giovanni è nel più assoluto silenzio. Quando ilegni giungono a tiro di cannone i cristiani ammainano tutte le loro bandiere e Don Giovanni innalza lo Stendardo di Lepanto con l'immagine del Redentore Crocifisso. Una croce viene levata su ogni galea e i combattenti ricevono l'assoluzione secondo l'indulgenza concessa da Pio V per la crociata. Improvvisamente il vento cambia direzione : le vele dei Turchi si afflosciano e quelle dei cristiani si gonfiano. Don Giovanni d'Austria perciò punta fulmineamente diritto contro la Sultana. Il reggimento di Sardegna dà per primo l'arrembaggio alla nave turca, che diviene il campo di battaglia. Don Giovanni viene ferito ad una gamba. Più volte le navi avanzano e si ritirano, Venier e Colonna devono disimpegnarsi per accorrere in aiuto a Don Giovanni che sembra avere la peggio assieme all'onnipresente Marchese di Santa Cruz.
Alla sinistra turca, al largo, la situazione è meno cruenta ma un po' più complicata. Giovanni Andrea Doria dispone di poco più di 50 galee, ma davanti a sé trova 90 galee; per questo pensa ad una soluzione diversa. Giovanni Andrea Doria infatti, a un certo momento della battaglia, si sgancia con le sue navi genovesi facendo vela verso il mare aperto.
Il ruolo cruciale di Gianandrea Doria è sempre stato oggetto di disputa da parte dei Veneziani: inaspettatamente spaccò il lato destro dello schieramento cristiano. A quel punto Uluc Ali si insinuò all'interno della flottiglia genovese, pensando fosse in fuga e attaccando il fianco destro dello schieramento di Don Giovanni, procurandogli forti perdite. Uluc Alì, con il vento in poppa, aggredì da dietro la Capitana, la nave ammiraglia dei Cavalieri di Malta, al cui comando era Pietro Giustiniani, priore dell'Ordine. La Capitana viene circondata da sette galee. Uluc Alì cattura il vessillo dei Cavalieri di Malta, fa prigioniero Giustiniani, che era stato eroicamente ferito sette volte, e prende a rimorchio la Capitana. Oltre la Capitana di Malta, pagarono cara la "strana" manovra di Gianandrea Doria, anche laFiorenza e la San Giovanni della flotta papale, e la Piemontesa della flotta sabauda, che circondate da un nugolo di galee di Uluc Alì, si votarono lottando, all'estremo sacrificio. Non è stato ancora chiarito il motivo di questa manovra del Doria: fatto sta che non fugge: anzi, ritornato sui suoi passi, egli piomba alle spalle dello schieramento ottomano e, pur trovandosi di fronte ad un numero doppio di navi avversarie, le dissesta totalmente.
Il Papa in seguito minacciò di morte Doria se si fosse presentato a Roma, dicendo che per il momento faceva meglio a starsene lontano: le sue azioni erano, secondo il pontefice, più da corsaro musulmano che da comandante della Cristianità; la sua galea e le navi genovesi avevano subito meno perdite di tutto lo schieramento cristiano.

Giunto di fronte al mare aperto Doria ribaltò le sorti della battaglia nel fianco destro, con un'abile manovra; aggirato lo schieramento ottomano si contrappose all'incredulo Uluc Ali. Dopo un'ora di cruenta battaglia, Uluc con le poche galee rimastegli è in fuga verso Costantinopoli.

Al centro, il comandante in capo ottomano Alì Pascià, già ferito, cade. La nave ammiraglia ottomana è abbordata e, contro il volere di Don Giovanni, il cadavere dell'ammiraglio ottomano Alì Pascià viene decapitato e la sua testa esposta sull'albero maestro dell'ammiraglia spagnola. La visione del condottiero ottomano decapitato contribuì enormemente a demolire il morale dei Turchi. Di lì a poco, infatti, alle quattro del pomeriggio, le navi ottomane rimaste, abbandonavano il campo, ritirandosi definitivamente. Il teatro della battaglia si presentava come uno spettacolo apocalittico: relitti in fiamme, galee ricoperte di sangue, morti o uomini agonizzanti. Erano trascorse quasi cinque ore quando la battaglia ebbe termine con la vittoria cristiana.

Gli Ottomani avevano a stento salvato un terzo (circa 80) delle loro navi.

Nelle città d'occidente la notizia venne accolta in un tripudio di feste e gioia popolare che durarono giorni;

Papa Pio V nel 1572 istituirà la "Festa di Santa Maria della Vittoria", successivamente trasformata nella "Festa del SS. Rosario", per celebrare l'anniversario della storica vittoria ottenuta "per intercessione della augusta Madre del Salvatore, Maria".

Ancora oggi non sono chiari, e probabilmente mai lo saranno, i meccanismi che hanno condotto alla vittoria della flotta cristiana, e i meriti, o le colpe, o le casualità, o le provvidenze. Ma la bandiera della nave ammiraglia turca di Mehmet Alì Pascià, presa da due navi pisane, la "Capitana" e la "Grifona", si trova (e ognuno può vederla) a Pisa, nella chiesa dei Cavalieri dell'Ordine Cavalleresco Sacro Militare Marittimo di Santo Stefano Papa e Martire, fondato da Cosimo I de' Medici granduca di Toscana.


sabato 1 agosto 2009




C’è una famosa poesia di Ungaretti, intitolata «Veglia», in cui un soldato evoca una nottata di guerra del ’14 passata a fianco di «un compagno / massacrato / con la sua bocca / digrignata / volta al plenilunio / con la congestione delle sue mani»: ricorda che in quella notte, disteso a fianco della morte («penetrata nel mio silenzio »), non si è sentito mai «tanto attaccato alla vita» e ha cominciato a scrivere «lettere piene d’amore». Ci vuole il massacro di una guerra per avere tanto rispetto della morte, e perciò della vita? O lo si può avere non solo sotto il plenilunio ma nel solleone, non solo al fronte ma anche su una spiaggia, non solo in divisa ma anche in costume da bagno? Con le pance sporgenti, con le gambe adipose? Insomma, in tempo di pace. E di benessere.


martedì 21 luglio 2009

APOLLO 11


Quando il primo uomo sbarcò sulla luna, io avevo sette anni. Me lo ricordo bene, quel giorno, anzi quella notte nella quale i miei genitori mi concessero per la prima volta di restare alzato dopo carosello. Il primo uomo sulla luna : Neil Armstrong - il cognome lo imparai subito! e oggi dopo quarant'anni me lo ricordo ancora!).



In televisione la notizia la diede Tito Stagno, che poi divenne il giornalista RAI specializzato sui voli spaziali. Ricordo pure che si sentiva la voce di Ruggero Orlando. Quell'evento e' stampato molto nitidamente nella mia memoria: il televisore in bianco e nero acceso ad un'ora impossibile, le immagini chiare e scure, la voce inconfondibile di Tito Stagno, gli applausi di mio nonno. Il ricordo di quei momenti mi commuove ancora

NEIL ARMSTRONG: «That's one small step for man; one giant leap for mankind»



Paolo VI assistette all’'evento seguendolo in televisione da Castelgandolfo. All’'Angelus domenicale, poche ore prima, ancora una volta aveva pensato all’uomo, diffidandolo dall'’idolatrare i progressi della scienza («È vero che lo strumento moltiplica oltre ogni limite l’efficienza dell’uomo; ma questa efficienza è sempre a suo vantaggio? Lo fa più buono? Più uomo? ...Nell’ebbrezza di questo giorno fatidico, vero trionfo dei mezzi prodotti dall’uomo, per il dominio del cosmo, noi dobbiamo non dimenticare il bisogno e il dovere che l’uomo ha di dominare se stesso»). In ogni caso, pochi minuti dopo l’allunaggio l’'uomo – immagine di Dio – era per lui anche nei volti seminascosti dei protagonisti dell’Apollo 11 ai quali si rivolgeva inneggiando «Gloria a Dio nell’'alto dei cieli e pace in terra agli uomini del buon volere! (…) Onore, saluto e benedizione a voi, conquistatori della Luna, pallida luce delle nostre notti e dei nostri sogni! Portate ad essa, con la vostra viva presenza, la voce dello spirito, l’inno a Dio, nostro Creatore e nostro Padre. Noi siamo a voi vicini con i nostri voti e con le nostre preghiere».
Li avrebbe visti bene i volti dei tre cosmonauti, ricevendoli in Vaticano nell’ottobre dello stesso anno. Paolo VI contraccambiò il dono di un ciottolo lunare con una ceramica raffigurante i Re Magi. Tre uomini di scienza un po’ come loro, capaci di muoversi scrutando il cielo stellato. Consapevoli di una intrinseca razionalità del cosmo, orientati senza saperlo verso la scoperta di un altro Mondo.

"contemplo i cieli, opera delle tue mani (o Signore), la luna e le stelle che Tu vi hai seminate, che cosa è mai l’uomo perché tu ti ricordi di lui? Eppure di poco Tu l’'hai fatto inferiore agli Angeli, di gloria e di onore Tu l'hai coronato; e Tu l'hai posto a capo delle opere delle Tue mani; tutto hai messo sotto i suoi piedi».
Erano – questi ultimi versetti del Salmo VIII – gli stessi deposti in suo nome da Armstrong e Aldrin, in una speciale scatola alla base della bandiera americana piantata sul suolo lunare verso l’alba di quella notte fra il 20 e il 21 luglio, quarant’anni fa.

ANIFA

Umberta ci aggiorna su Anifa, (la ragazza che abbiamo
sostenuto col ricavato del calendario 2009) che sta ora frequentando la facoltàdi agronomia a Cuamba (Mozambico).
Siccome proprio in questi giorni ha risposto ad una mail di Umberta, ne ha fatto un collage e ce l'ha tradotto:

LETTERA ANIFA

Io sto bene, sono già a Beira per la pausa universitaria assieme
alla mia famiglia
L'esperienza che sto avendo a Cuamba è positiva, anche se
difficile all'inizio perchè è la prima volta che sto lontano da casa, dalla mia
famiglia e dagli amici con i quali sono cresciuta, ma in tutto ciò mi sento più
cresciuta, capace di lottare e conquistare i miei sogni.
Il semestre è andato bene, ho passato tutte le materie e sono molto felice.
La vita a Cuamba è molto diversa da quella a Beira, ho imparato ad andare in bicicletta in una settimana perchè la facoltà è distante dalla casa dove vivo e ho imparato a seminare
varie colture.
In questo semestre ho seminato pomodori e han dato buoni risultati.
Le persone di Cuamba sono più semplici e simpatiche e m'hanno ricevuto bene.
Sono in un pensionato per studenti e la convivenza va bene.
Sono in un gruppo di pastorale giovanile della facoltà nel quale mi hanno nominata
responsabile dei temi su cui discutere e dò catechismo agli alunni della
facoltà.
Infine, sto riuscendo a superare le difficoltà e ad ambientarmi col nuovo stile di vita, che è il cammino per realizzare i miei sogni. Saluti a tutti e grazie mille per tutto,

sabato 23 maggio 2009

PRIVACY


Ho accompagnato Jacopo in piscina e lui  mi ha chiesto di fargli delle foto. Vedendo la mia macchina anche altri genitori dei bambini che sono iscritti allo stesso corso mi hanno chiesto di scattare qualche foto anche per loro. Si avvicina uno che indossa una maglietta rossa con scritto "staff" e mi redarguisce dicendomi che non si possono fare foto. Io resto di sasso e gli chiedo qual'e' la logica di questa proibizione e lui guardandomi dall'alto in basso con sufficienza e commiserazione  risponde "la privacy".  Ecco su quali idiozie ci perdiamo nel nostro Paese, poi, se ti arriva un avviso di garanzia finisci sputtanato su tutti i giornali ... anzi lo leggi sui giornali prima che ti venga consegnato ma la privacy li non serve !! 

mercoledì 13 maggio 2009

12 maggio IL VOLO


Era tanto tempo che desideravo volare su di un ultraleggero e finalmente ho vissuto questa esperienza straordinaria: un grazie particolare al mio pilota (quello che sta rifornendo l'aereo). Si prova una sensazione di euforia, di eccitazione, di liberta', di pace, e' come se la vita si fermasse, come chiamare un time out !. Il nostro mondo quotidiano ci appare cosi' piccolo: in 15 minuti abbiamo fatto il viaggio da Schio a Verona che io faccio quotidianamente in macchina in un ora e un quarto. Dall'alto abbiamo visto valli disabitate coperte da una vegetazione lussureggiante che nemmeno pensavo esistessero in Italia e addirittura cosi' vicino a casa.
Si comprende quanto grandi siano alcuni agglomerati che abbiamo sempre considerato modesti perche' ne abbiamo avuto una visione parziale. E' come fare una sintesi ed un approfondimento nello stesso tempo ed il pensiero si libera di pari passo, in certi momenti si ha l'impressione di rivedere anche la propria vita dall'alto cosi' come si vede il proprio mondo. E' una esperienza che ti penetra nell'animo
e ti accompagna per lungo tempo, ora mi piacerebbe proprio fare il corso e prendere il brevetto...vediamo! intanto godetevi il castello di Marostica, il ponte di Bassano, il vecchio ed il nuovo Ospedale dell'Alto Vicentino

martedì 12 maggio 2009

5 maggio



Era il 5 maggio del 1989 e, preso alla sprovvista, mi adattai ad accettare un incarico di 6 mesi presso l'Ospedale di Schio. In qui giorni stavo rileggendo Dino Buzzati ed una strana inquietudine mi prese, pensando che forse avrei potuto fare la fine del capitano Drogo. Ma dopo qualche giorno mi convinsi che una cosa sono i libri, ed un altra la vita, e che io a Schio ci sarei rimasto 6 mesi, al massimo un anno. Da allora, giorno dopo giorno, tra progetti, illusioni ed aspirazioni sono passati venti anni. Certo ne abbiamo fatte di cose anche molto importanti, siamo stati dei pionieri nella chirurgia laparoscopica, in quella endovascolare, nella mininvasiva in endoscopia, abbiamo realizzato un congresso nazionale ACOI, un congresso dei paesi del Mediterraneo (MMESA)  questi 20 anni sono stati una bella avventura. Ora abbiamo perso un po' lo slancio, stiamo vivacchiando, invecchiando,  forse ci stiamo intristendo pensando che dovremo finire qui la nostra avventura come il capitano Drogo..... ma in fondo siamo felici di aver speso tanti anni in questo piccolo verdissimo angolo d'Italia, con quel suo cielo cosi' bello quando e' bello, cosi' in pace... come direbbe Manzoni e le montagne... forti e dolci nelle loro linee arrotondate, grazie a tutti quelli che hanno condiviso questa bella avventura !

domenica 15 marzo 2009

PRIMAVERA

Ieri e' finalmente arrivata la primavera: si sono visti i primi albicocchi in fiore, adesso tempo una settimana, arriveranno i peschi. E' finito anche questo terribile lungo inverno ! 

lunedì 2 febbraio 2009

Asilo Rossi



Un incendio, di vaste proporzioni, ha distrutto a Schio l'ex asilo Rossi in restauro e destinato a diventare il futuro palazzo della musica. Non è stata ancora accertata la natura dell’incendio, ma tra le ipotesi non è esclusa quella che qualcuno possa aver usato lo stabile come ricovero per la notte e che possa aver acceso un fuoco per riscaldarsi, non riuscendo più a governare le fiamme. Al momento, infatti, i vigili del fuoco tenderebbero ad escludere l’accidentalità perchè i lavori di restauro erano fermi da una ventina di giorni e non c’era un sistema elettrico attivo o altre situazioni tali da poter originare le fiamme. 

Lo stabile, in centro a Schio, era un tempo l’asilo Rossi e dopo la dismissione era stato destinato a palazzo della musica e per questo erano stati previsti dei lavori di ristrutturazione. Le fiamme, scoppiate nella notte, sono state domate da 10 squadre dei vigili del fuoco di Vicenza, Bassano, Thiene e Schio. Sono andati distrutti i 2.500 mq del tetto e gran parte dell’edificio.

martedì 20 gennaio 2009

Golda Meir



Tornano piu' che mai attuali e drammatiche le parole di Golda Meir:
"..Possiamo perdonare che uccidano i nostri figli, ma non che ci costringano ad uccidere i loro. Gli arabi faranno pace con gli israeliani il giorno in cui impareranno ad amare i propri figli più di quanto odino gli ebrei”

domenica 18 gennaio 2009

Calendario: primi effetti



Allora..ricordate appunto la casa che era da riabilitare con parte del ricavato del calendario Mozambico 2008?
Quella dove vi abita la grande famiglia di mamma, papà e 6 figli?


















Se qualcuno l’avesse dimenticata ecco due foto dei lavori in corso…
Beh, a dicembre i lavori son stati in gran parte conclusi, e qui la potete ammirare da varie angolazioni assieme al lavatoio!

Fotografare Jarnete, Daniel e Anita tutti assieme senza che uno scappi e l’altro si metta a piangere è impresa più complessa di quanto si possa immaginare..ma riuscita!