venerdì 31 dicembre 2010

31 dicembre 2010 - TE DEUM del cuore

Un bellissimo pezzo pubblicato oggi da Avvenire per la firma di Davide Rondoni riassume bene i sentimenti ch e si agitano nel nostro cuore in questa fine d'anno:

E ora che l’anno finisce, il cuore deve de­cidere da che parte stare. Il cuore, che è la sede delle decisioni che davvero segnano l’esistenza, come dice la Bibbia. E il nostro cuore, adesso che finisce un anno duro e pie­no di fatiche, deve decidere: lamento o gra­titudine?
Hai mille motivi per lamentarti, cuore nostro. Molte notizie che anche oggi troviamo sui giornali farebbero salire parole dure dal cuo­re. Ma come c’è la durezza della pena, c’è an­che la durezza della gioia. La resistenza, la forza della gratitudine.
La gratitudine per le cose da niente che costellano la nostra vita. Per il respiro che ancora ci viene accordato, e il riso e anche per il pianto con cui conosciamo il dolore e l’amore. Le cose che non fanno notizia, co­me il sorriso di un figlio, l’occhiata della per­sona che amiamo, il suo voltarsi quando la salutiamo. Quelle cose da niente che non fan­no notizia, ma che ci suggeriscono una gra­titudine invincibile. E noi vogliamo scegliere di rendere grazie per queste cose da niente. Vogliamo ringraziare per tutte le ma­dri che, camminando lavorando soffrendo, non perdono la speranza. E custodiscono l’amore. Per tutti quelli che non fanno no­tizia e fanno andare il mondo, mettendo cu­ra e pazienza in lavori senza onori appa­renti. Gratitudine per la bellezza spavento­sa e dolce di questo posto chiamato Italia, edificato dal genio, dalla fede e dalla opero­sità dei nostri padri, sotto i cui cieli abitia­mo e vediamo panorami per cui vale la pe­na essere venuti al mondo.
Il nostro cuore decide di ringraziare, in questa fine d’anno. Per le cose che ci hanno corretto. Per quel­le che, pure facendoci soffrire, ci hanno le­gato di più a ciò che vale. Vogliamo ren­dere grazie per la benedizione dei bambini nostri e per quelli degli altri. Per i loro visi do­ve tutto reinizia. E per la pazienza dei nostri anziani, che onorano il tempo senza sentir­lo come una ingiustizia, ma come un chiari­mento. Vogliamo ringraziare per la pazienza preziosissima dei sofferenti nel corpo, nella mente. Per chi è restato senza lavoro, ma non senza dignità. Per le cose che non fanno mai notizia, come la cura e l’amicizia offerta da tanti a chi è solo. Per il mare di bene che con onde silenziose sostiene il nostro viaggio. Ora che l’anno finisce strapperemo il cuore dalle mani del demonio lamentoso che vor­rebbe non farci vedere come i cuori di tutti cercano il bene. Ora che finisce l’anno con tutte le sue ferite e le sconfitte e le perdite, rin­grazieremo per tutti i doni, e per il segreto bene che si nasconde anche nel patimento se una mano ci passa sugli occhi come ai bambini. Ringrazieremo per tutti gli abbrac­ci silenziosi. Per i baci di amicizia e di amo­re scambiati. Per le cose da niente che non fanno notizia ma hanno fatto la vita e la spe­ranza per questo anno che finisce. E ringra­zieremo per il dono più misterioso di tutti, la fede. Per le mani che ce lo hanno offerto, per i volti che lo hanno confermato in mezzo al­le tenebre dell’anno. Per i dolci amici che ci hanno parlato di Lui, Signore buono dell’an­no che va e dell’istante che viene.

mercoledì 1 dicembre 2010

Verona e la cura dei malati, una storia di cinque secoli

L'antico Ospedale denominato Santa Casa della Misericordia era situato in piazza Bra e datava ai primi anni del '500. Nel 1520 aveva ottenuto il riconoscimento ufficiale della Repubblica di Venezia (con l'appoggio del vescovo Gian Matteo Giberti - tra i protagonisti del Concilio di Trento - e dei nobili veronesi conte Provolo Giusti e di Lodovico di Canossa, anch'egli vescovo).
«LA SANTA CASA DELLA MISERICORDIA». Con il tempo la costruzione si rivelò inadeguata. Sui lati che si affacciavano verso la Gran Guardia e l'anfiteatro, vi erano due grandi sale di degenza riservate a maschi e femmine. Tra il 1780 e il 1788 l'ingegnere capo del Comune Antonio Pasetti presentò tre progetti. Il pianterreno porticato della facciata nel 1793 risultava costruito ma il nuovo ospedale incontrò vari ostacoli al completamento, per il passaggio dei Francesi di Napoleone e degli Austriaci, che poi si insediarono in città per 50 anni. Nel 1802 era già ritenuto inadatto alle esigenze sanitarie della città.Il convento di Sant'Antonio al Corso in via Valverde, resosi libero con la soppressione degli ordini religiosi imposta da Napoleone, fu indicato come sede del nuovo ospedale, e ivi fu trasferito nel maggio 1812, cambiando denominazione: da «Santa Casa della Misericordia» a «Ospedale civico di Sant'Antonio».
Il Comune acquistò l'ex ospedale della Bra e lo fece demolire nel 1820 per realizzarvi Palazzo Barbieri, usando le colonne del vecchio ospedale.
Nel 1895 il cavalier Alessandro Alessandri destinò un lascito a un istituendo «Ospedale per bambini» per «ospitare e curare i malati poveri di ambo i sessi del Comune di Verona, tra i 3 e gli 8 anni, purché non affetti da infermità incurabili o contagiose».
L'OSPEDALE DI BORGO TRENTO. Ma subito Verona fu scossa dalle polemiche sull'ubicazione della nuova struttura, e il lascito venne affidato dal Comune al Patrio Consiglio Ospitaliero. Le discussioni accese si trascinarono finché la Cassa di Risparmio di Verona deliberò «per proprio conto» l'acquisto di 3400 metri quadrati nella zona nord-ovest di Verona (attuale borgo Trento), lungo la strada per Trento (l'attuale via Mameli), erogando 70mila lire che il Comune accettò nel 1908. L'ospedale Alessandri, ritenuto all'avanguardia in Italia e all'estero, fu inaugurato il 7 giugno 1914.
Nel 1926 il Consiglio ospitaliero acquistò un'area limitrofa per costruirvi un nuovo Tubercolosario e lasciare la sede del Chievo. Poi il progetto fu abbandonato e si pensò di utilizzare la nuova area per riunificare gli ospedali Sant'Antonio ed Alessandri. Si delineava un nuovo Ospedale Maggiore «rispondente alle nuove necessità demografiche, al progresso della scienza e alle aumentate esigenze della tecnica sanitaria». La discussione si protrasse sino al 1931.
Intanto fu approvato il progetto Beccherle che prevedeva l'ampliamento del nucleo originario dell'Alessandri e nuovi padiglioni. Il nuovo ospedale avrebbe avuto 875 posti letto, inclusi i 400 dell'Ospedale civile di Sant'Antonio e i 170 dell'Alessandri. La sua realizzazione fu un evento storico per la città. Lo stesso Benito Mussolini vide il cantiere in fase avanzata, durante la visita a Verona del 26 settembre 1938. La nuova struttura venne inaugurata il 13 settembre 1942. Di recente un accurato restauro ha reso possibile negli scorsi anni, il recupero della facciata del padiglione d'ingresso, sede delle direzioni dell'Azienda ospedaliera e oggi soggetto a vincolo architettonico perché edificio storico.

Una lezione a quest'Italia degli sprechi




Quello che si inaugura oggi a Verona è il Polo chirurgico più grande d'Europa. Una struttura che consolida e amplifica la grande tradizione scaligera nella Sanità di alto livello.
Ma fuori dallo stretto ambito medico, ciò che va anche sottolineato è come si sia arrivati a questo risultato.
In quest'Italia degli sprechi, delle prebende, dei lavori mai terminati e delle spese fuori controllo, l'esperienza veronese (pur senza eccessiva retorica) è un prezioso esempio di efficacia ed efficienza.
Intanto l'opera è stata completata nei tempi previsti (già un piccolo miracolo...) e con investimenti che poco si sono discostati dal budget iniziale. Ancora, la realizzazione è stata possibile grazie ad un lungimirante rapporto pubblico-privati. Da ultimo l'edificazione- così complessa, in quanto effettuata all'interno di un ospedale funzionante- ha comportato disagi tutto sommato contenuti per l'attività quotidiana di medici, infermieri e degenti. Certo, ora bisognerà dare sostanza al complesso, ma Verona ha le competenze per farlo.
Infine c'è la nostra personale soddisfazione che l'idea lanciata da «L'Arena», di intitolare il complesso a Confortini, abbia avuto seguito. In questo momento la sanità, come il Paese, ha bisogno di buoni esempi da ricordare. E su cui riflettere.

In primo piano il paziente. Senza dimenticare la ricerca. Quindi le cure, la terapia intensiva e le trentatre sale chirurgiche. Oltre cinquecento posti letto, ventitré reparti (tecnicamente si chiamano Unità operative), trecento medici e mille professionisti sanitari. Per un investimento di oltre 212milioni di euro. Dopo duemila giorni di cantiere, l'ospedale di Borgo Trento abbandona i suoi vecchi padiglioni, dove soprattutto con gli interventi di chirurgia e i trapianti si è fatta la storia della medicina in Italia (qui, per dire, è stato realizzato, nel 1968, il secondo trapianto di rene di tutta Italia). Ora l'ospedale più grande del Veneto (con un totale di 1700 posti letto) scommette sul futuro. Lo fa con il nuovo Polo chirurgico intitolato a Piero Confortini, pioniere della chirurgia dei trapianti.
L'edificio avveniristico, sei piani da terra per sei anni di lavoro, viene inaugurato oggi e i primi reparti entreranno in funzione prima di fine anno. Una manciata di giorni necessaria per accentrare definitivamente nella nuova struttura le attività ancora distribuite nei diversi padiglioni che, prossimamente, verranno destinati ad altro uso ospedaliero.
Alta tecnologia, modernizzazione degli spazi, centralizzazione dell'attività operatoria, contiguità con il Pronto Soccorso, collegamento con le degenze chirurgiche sono i punti cardine attorno al quale si è sviluppato il progetto presentato alla Regione Veneto nel 2002, avviato nel 2004 e terminato nel rispetto di tempi e budget. Un ospedale nell'ospedale e un valore aggiunto per la salute del paziente che ora avrà a disposizione un unico edificio per la cura.
Sostanzialmente si abbandona il vecchio concetto delle isole-reparto, dislocate in singole unità indipendenti: il nuovo Polo raggruppa le sale operatorie, la terapia intensiva, le degenze, il Pronto Soccorso e la Piastra radiologica. Cinque in uno. Niente più reparti tradizionali, dunque. La cura diventa «polo»: i reparti sono organizzati in modo polispecialistico. Il filo conduttore di tutto il progetto è l'area omogenea e l'intensità di cura che prevede la suddivisione degli spazi ospedalieri non più per area di cura ma per i diversi livelli di gravità del paziente.
Anche gli ambulatori specialistici verranno attivati in prossimità dei reparti per evitare scomode trasferte fuori sede ai pazienti sia interni che esterni. Il monoblocco con la sua piastra chirurgica tra le più grandi d'Europa, (33 sale operatorie, 17 per la chirurgia generale, 10 per la chirurgia specialistica e trapianti e 6 per la chirurgia ambulatoriale) sarà il punto di riferimento per tutto il sistema sanitario del Veneto, soprattutto per gli interventi più complessi. Oggi, su oltre quattromila accessi giornalieri (ricoveri, interventi, prestazioni ambulatoriali), il 16 per cento riguarda pazienti provenienti da fuori regione.
«Il Polo chirurgico», conferma il direttore generale dell'Azienda ospedaliera integrata, Sandro Caffi, «resterà comunque l'ospedale di riferimento dei cittadini». Attualmente sono già entrati nel monoblocco gli ambulatori di Odontostomatologia e Otorinolaringoiatra. A seguire verranno trasferiti Gastroenterologia, Anestesia e Rianimazione, Cardiologia, Chirurgia generale, Chirurgia Toracica, Chirurgia Plastica, Neurochirurgia, Neurologia, Ortopedia, Oculistica, Urologia, Neuroradiologia, Radiologia, Pneumologia e per ultimo il Pronto Soccorso.

Due date: 7 giugno 1914, 30 novembre 2010. Due inaugurazioni. Due giorni fondamentali per l'Ospedale di Borgo Trento: il primo ne segna la nascita, l'altro la virata verso il futuro. Concepito e progettato come un ospedale per bambini, un fabbricato per malattie comuni medico-chirurgiche con 180 letti (portato a termine grazie al generoso lascito di Alessandro Alessandri), fu, fin da subito, considerato il più all'avanguardia in Italia e tra i più efficienti d'Europa: 34mila metri quadrati, pianta triangolare, diversi padiglioni circondati dal verde, collegati da un'imponente area di sotterranei ed attrezzature diagnostiche di alto livello.
Oggi, il nuovo Polo Chirurgico traghetta l'ospedale di Borgo Trento nel firmamento dei centri di cura, tra i più moderni ospedali d'Italia, con soluzioni tecnico architettoniche innovative.

LE MACROAREE. Il nuovo monoblocco del Polo chirurgico è realizzato su un'area quadrangolare di oltre 96mila metri quadrati: sei piani fuori terra, due interrati e uno tecnico, su tetto la piattaforma per l'atterraggio dell'elicottero emergenza e un'ampia corte centrale.
Completa il progetto un edificio più piccolo, antistante il Polo chirurgico, destinato all'accoglienza del pubblico con punti informazioni e area ambulatoriale. Rivoluzionato anche l'accesso delle emergenze trasferito da piazzale Stefani al Lungadige, nuovo punto di inizio di tutto l'iter di diagnosi e cura. Le 33 sale chirurgiche trovano spazio al piano interrato, una accanto all'altra, due piani sopra c'è la terapia intensiva (96 posti letto per rianimazione, Unità Terapia Intensiva Coronarica, Unità di Terapia Neurovascolare e per il trattamento di pazienti trapiantati, ustionati, cardiochirurgici, neurochirurgici). Ai piani alti le degenze: 513 nuovi posti letto per i ricoveri ordinari e per la chirurgia ambulatoriale (day surgery), distribuiti su tre piani che consentiranno di accorpare le degenze chirurgiche prima distribuite nei vecchi padiglioni.

I NUMERI. Le strutture edili hanno visto l'utilizzo di 5.500 tonnellate di armature in ferro, di 48.000 metri cubi di cemento armato e di 5.500 tonnellate di carpenteria. Sono stati realizzati 170.000 metri quadrati di pareti in cartongesso, 63.000 metri quadrati di controsoffitti, 6.500 metri quadrati di serramenti esterni e sono stati posati 50.000 metri quadrati di pavimenti in linoleum o pvc.
Sono stati stesi 800 chilometri di cavi elettrici principali, 1200 di cavi per impianti luce e speciali e posizionate oltre 1000 apparecchiature elettriche. Infine sono stati 73.000 i metri cubi di demolizioni fabbricati e 220.000 i metri cubi di scavi. Per un totale di 1milione e 700mila ore di manodopera e 400mila ore di progettazione e supporto cantiere.

TEMPI E COSTI. Il costo complessivo è di 212.543.195 euro, 112 dei quali stanziati dalla Fondazione Cariverona. Il progetto definitivo è stato presentato in Regione il 10 aprile 2002, approvato a luglio e appaltato nel novembre 2003. I lavori sono iniziati a dicembre 2004 e terminati sei anni dopo. Il ministro della Salute Ferruccio Fazio, riferendosi al contributo della Fondazione, ha definito il nuovo Polo «un esempio di buon orientamento delle risorse, di come si possono armonizzare fondi privati e fondi pubblici».